“Non servirebbe a niente la terapia di coppia. Noi vogliamo separarci e non cambiamo idea.”
Troppe volte questa frase è stata da me udita in stanza di terapia. Ma soprattutto fuori da essa, obiettivamente, perché il primo numero ad essere contattato quando nelle coppie dei nostri giorni qualche ingranaggio non lavora più come si vorrebbe, è quello dell’avvocato matrimonialista. Sì, il mio amico matrimonialista è molto più ricco di me. 🙂
Se mi chiedessero che idea abbia la gente della terapia di coppia, risponderei certamente che le coppie che non hanno già intrapreso la via legale (a volte uno solo dei partner) ritengono opportuno richiedere consulto come “ultima spiaggia” prima di separarsi. Mi portano in stanza di terapia l’entità “coppia” agonizzante, la poggiano sul tavolo e mi dicono “Dottoressa abbiamo girato il mondo per salvarla, lei è la nostra ultima tappa. Se anche qui non si rianima, la salutiamo per sempre“.
A volte è vero, almeno uno dei due partner vuole davvero rianimarla; altre volte ciò che in realtà mi stanno chiedendo, tra le righe, è “Mi aiuti a sopprimerla, questa coppia, perché io non ce la faccio“.
Altre volte ancora, giunge da me un solo partner richiedendo una terapia individuale, per le proprie difficoltà che si scopre successivamente riguardare il contesto coppia.
La condizione più frequente, obiettivamente, è quando richiedono consulenza entrambi, sì, ma per il proprio figlio. In questa circostanza, soprattutto se si tratta di un figlio in età scolare, in qualche modo il suo sintomo “dà voce” ad un malessere che si cela in realtà nel sistema coppia e che i partner non riescono a gestire. In questi casi mi piace sempre pensare che sia il figlio a portarmi mamma e papà, quasi come se mi chiedesse supplicante “Dottoressa, ho assorbito tutte le tensioni inespresse tra di loro, ora glieli ho portati qui come ultima spiaggia sfoggiando un bel sintomo che concentri la loro attenzione tutta quanta su di me, ci pensi lei perché io sono saturo e vorrei sentirmi libero da queste catene. Aiuti loro e liberi me“.
E poi? Cosa accade poi davvero?
Al termine del breve periodo iniziale che assume carattere squisitamente consulenziale, si comprende assieme se esistono i presupposti per intraprendere una psicoterapia di coppia. Il clima in stanza di terapia, inizialmente, è quasi sempre acceso e teso, in particolar modo quando sono avvenuti tradimenti. Bastano pochissime sedute, a volte, perché l’aria in stanza di terapia si alleggerisca già notevolmente, con il procedere del lavoro. Al termine del percorso terapeutico, solitamente piuttosto breve, molto è stato ridefinito, gestito meglio, ripensato ecc: alcune coppie scelgono di restare insieme, altre scelgono di separarsi e chiamano sempre lui, il mio amico matrimonialista.
Ah e allora a che cosa è servita la terapia di coppia?
Rispondo a questa -apparentemente- legittima domanda con ciò che il famoso amico matrimonialista mi disse svariati mesi fa: “Capisco sempre da subito quando una coppia è stata prima da te: arriva con il sorriso“.
Certo non vuol dire che la domanda di separazione/divorzio sia un atto gioioso, separarsi resta sempre comunque un lutto, ma un lutto può essere elaborato o restare non elaborato. Il mio amico intendeva che una coppia che ha lavorato su se stessa, che ha messo le mani su quell’entità “noi” (la stessa che inizialmente mi aveva metaforicamente gettato sul tavolo operatorio affinché la salvassi/sopprimessi), prenderà la propria decisione, qualsiasi essa sia, con maggiore consapevolezza, sicurezza e serenità di una che non l’ha fatto.
Chi ne giova?
Tutti. Non solo la coppia che, indubbiamente, potrà elaborare il lutto in modo più adeguato e separarsi con molta più serenità, ma anche i figli, che troppo spesso vengono (più o meno consapevolmente) triangolati dai genitori in lotta tra loro e sempre più frequentemente pagano il prezzo più elevato nelle separazioni.
Ogni mattina, nel mondo, una coppia in lotta si sveglia e sa che dovrà correre più della terapeuta per restare in guerra.
Ogni mattina, nel mondo, una terapeuta si sveglia e sa che dovrà correre insieme alla coppia per evitare la guerra.
Ogni mattina, nel mondo, un avvocato matrimonialista si sveglia e sa che…potrà fare un bel tuffo nella sua mega piscina 🙂
Note: Nella realizzazione di questo articolo nessun avvocato matrimonialista è stato maltrattato.
Dott.ssa Giannalisa Colasuonno
Psicologa Psicoterapeuta e Psicodiagnosta
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